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lettera: Questa volta, uso, o abuso più largamente della sua compiacenza, com' Ella vedrà dall'annessa nota (Lettera del 16 novembre 1839). E qui segue altra nota lunghissima, di desiderata, fra i quali: Statuti di Paratici, Gride Bergamasche, dal 1596 al 1686, Gride Milanesi in fogli volanti ecc. Poi mi scrive: Se Ella avesse ritratti, o altri disegni della parte del secolo XVI (voleva dire 17°) che m'interessa particolarmente, prenderei pure la libertà di chiedergliene ecc. ec.; e subito gli mandai gli originali per quelle sue vignette.

E da sapersi, che Manzoni aveva adorno il suo romanzo di nuovi e curiosi particolari storici. Come si vede Egli lavorava con ardore giovanile, direi quasi febbrile; ed in quel tempo, Egli tanto difficile a scrivere, mi tempestava di lettere, (dolce e gradita gragnuola), di messi, e d'ambasciate, l'una non aspettava l'altra. Il manoscritto, ingrossava, ingrossava sempre più. Ma, posto alle strettoje della stampa, vennero, i gravi pensamenti dalla spesa; cosa incredibile nel più grande scrittore d'Italia! Manzoni, in quasi tutte le sue Opere, ci rimise del suo, come seppi da buon canale. Colpa l'ingordigia d'alcuni librai, la pirateria libraria, e le contraffazioni, che allora s'esercitavano su larga scala, ecc. ecc. Dunque, per questo, e fors'anco per altri motivi, i Promessi Sposi ma ancor più la Colonna Infame, vennero posti sul letto di Procuste; e tanti preziosi studi e documenti, e tanti altri Ritratti storici, fac simili, Vedute, ecc. vennero ommessi in quella magnifica seconda edizione; ma che io pubblicherò nella mia Opera, se Dio mi dà vita. Dopo aver operato il taglio Cesareo sui Promessi Sposi, e più largamente e profondamente sull'infelice Colonna Infame, il grande Scrittore filosoficamente così mi scriveva:...... Del resto, temerei di eccedere, aggiungendo nuovi particolari storici a una tantafera, che già ne contiene forse troppi...... La cordialità e indulgenza sua è tale, che ecc. ecc. E qui ommetto per brevità molti altri particolari, sebbene curiosi ed interes. santi.

La somma sua bontà, e la sua grande indulgenza a mio riguardo non si smentirono giammai, neppure nelle lettere, che più tardi mi scrisse; e che io conservo così religiosamente nel sacrario della mia casa. Alcuni intimi amici di Manzoni si stupivano del gran numero de'suoi Autografi, da me raccolti; essi, che più degli altri ne conoscevano le molte difficoltà; e mi interrogavano, come ci fossi riescito. Loro risposi : Coi tre mezzi indicati dal

Maresciallo Gian Giacomo Trivulzio, per fare la guerra: Denaro, poi Denaro, e sempre Denaro.

Il suggello di Manzoni porta semplicemente le sue iniziali. Egli non solo era assai parco nello scrivere, ma era altresì, quasi sempre, assai conciso. A Grossi scrive: Non ci voleva meno per farmi prender la penna; e poichè l'azione EROICA è falta, ne approfitto, per domandarti come stai, e se lavori. Egli però bramava, che le lettere de' suoi amici fossero all'incontro lunghe e minuziose. Allo stesso Grossi ripeteva: Amami; e se mi scrivi, sai che gusto mi dai, tanto più se trovassi il verso d'essere prolisso

Il Tuissimo A.
A. M.

Nel carteggio coi suoi intimi, il grande Scrittore, o non firmava punto, o segnavasi colle sole iniziali.

Dai brani recati quà e là si rileverà l'importanza dell' Epistolario di Manzoni, il quale accresciuto che fosse da altre persone benevoli e studiose (1) potrebbe formare, non solo una delle migliori sue opere, ma eziandio una delle più splendide ed attraenti creazioni del genio italiano.

XIX.

Virtù e dolori di Alessandro Manzoni.

Manzoni vidde al paro d'Ecuba morirglisi intorno tutti i suoi cari: la madre, le mogli, e quasi tutti i suoi figli. Poi, i suoi più intimi amici: Grossi, D'Azeglio, Torti, Rossari, Don Giulio Ratti, Rosmini e l'Abbate Bottelli; e sebbene più giovane di tutti, ma egualmente carissimo, anche Giusti, poeta.

(1) Alla cortesia del signor avvocato Carlo Negroni, onore del foro, Novarese, e distintissimo scrittore di cose giuridiche, principalmente relative all'acque (argomento importantissimo pel suo paese), deggio notizie e copie di lettere Manzoniane. I nomi de'cortesi, che lo imitassero, verranno pubblicati colla debita riconoscenza nell'opera. La mia dimora è: Milano, Via Pietro Verri, N. 12, Casa Morbio.

Segreti dolori, altre ignorate afflizioni, conte ai suoi più intimi, ed a me pure, colpirono il nobile vegliardo: ma io non oserò sollevare il denso velo, che deve coprire i segreti dolori.

Manzoni, non solo fu grande, ma eminentemente buono e virtuoso. E, Lui vivente, l'udii onorato di lodi, dal pergamo stesso di S. Fedele. Tanta era la luce degli esempii, e delle sue grandi virtù !

Che cosa ci mostra la mitologia pagana nelle supreme afflizioni? Ajace, che con piglio feroce schernisce e provoca gli Dei! Niobe, che nel suo sublime dolore scaglia un ultima imprecazione alla Dea, che le saetta i figli! I Giganti fulminati da Giove, ma che pur si agitano frementi e minacciosi verso l'Olimpo. Sempre l'odio, la bestemmia, la disperazione!

Che faceva il nobile vegliardo, quando la morte, con terrore di tutta Milano, agitava sulla sua casa lo spaventoso vessillo? Io lo vedeva lento, lento, colla testa inclinata sul petto, e le mani pendenti; accasciato si, ma non isfiduciato, nè miscredente, trascinarsi dalla contrada del Morone, alla vicina Chiesa di S. Fedele; e là prostrarsi, anzi cadere ai piedi degli altari, ed invocare nel suo dolore quel Dio che atterra e suscita Che affanna e che consola. Poi, nel silenzio delle sue notti insonni, in mezzo a tanti cadaveri amati, all'orribile lezzo della morte, Egli scriveva al martire Borsieri quelle memorabili parole: Che visitato Egli pure dal Signore, come gli è noto, non ha saputo, nẻ sà amare come dovrebbe i suoi castighi, e profillarne. Oh! il sublime filosofo cristiano!

Nel rileggere quella eloquente lettera a Borsieri, ed alcune altre, dirette al filosofo Rosmini, mi domando, se quelle pagine non fossero per avventura staccate dalle opere di Bossuet, di Fléchier, di Bourdaloue, o di Fénelon; di que' grandi oratori sacri, che tanto resero illustre il Regno di Luigi XIV?

Dio, nella sua misericordia, avrà allontanato l'Angelo del dolore dal pio vegliardo, e spezzato il calice dell'amara bevanda, per confortarlo colle pure gioje ascose, da Lui celebrate con memoralile carme.

Sul tramonto de' miei giorni, alla vigilia forse di dare un eterno commiato al mondo ideale dei libri e degli studi ; coll'animo esterreffatto, e traboccante d'amarezza, per tante illustri e recenti morti, vorrei porgere un saluto all'Eccelso Poeta, che in un col grande Romagnosi e con Guerrazzi, incoraggiarono i miei studii giovanili, e ne aggradirono i maturi. L'ingratitudine mi pesa; e vor

rei pronunciare su Manzoni una degna parola, che esprimesse quanto io apprezzassi la sua bontà, tanto indulgente e tanto longanime a mio riguardo. Ma ahime! la mia parola è debole ; scarso e povero ho l'ingegno; disadorno lo stile; nè so trovare espressioni degne di Lui.

Io non sono vate, ma storico oscuro. Ma voi, giovani poeti dell'Italica terra! Voi, pii credenti, inspirati da Dio, alzatevi, e come gli antichi profeti, accordate le vostre cetre; sollevate lo sguardo alle azzurre vôlte del cielo, e sciogliete un cantico, degno dell'urna immortale. Giammai più nobile subbietto potrebbe ispirare il genio poetico dei due mondi. Inneggiate l'Eccelso Poeta senza rimproveri e senza macchia; celebrate la luce de' suoi esempi e le sue rare virtù: Cantate Alessandro Manzoni.

Milano, 6 febbraio 1874.

CARLO MORBIO.

LETTERA INEDITA

DI ALESSANDRO MANZONI

A TOMMASO GROSSI (1)

Carississimo,

Se tu credessi mai che, in punto di maglioli, non ti resti altro da fare che ricacciarmi in gola i ringraziamenti, con un che mi burli? o per amor del cielo!, o simili, vivi miseramente ingannato. Imperocchè,

Tu hai a sapere, 1o che, per la piantagione che ho disegnato di far quest'anno, io aveva fatto conto sulla vigna dalla quale ho avuto l'anno scorso una abbondante provvisione di maglioli di vite pignola; 2o che, sia per cagion di nebbia, o di gragnola, o del freddo, o del secco, o per che altro malanno si sia, quella vigna non ha messo, quest' anno, se non tralciuzzi buoni da nulla. Di modo che io rimango in secco, come tu vedi; eppur la mia vignola ha a esser dilatata, e il terreno è già bell'e disposto e misurato, e la stagion de'fiori non ha a venire prima che in quel terreno sien piantati de’buoni maglioli, di scelta qualità; e questo è diciotto di vino. Quando le cose s'accordano così coi miei desiderii, tu sai bene che guai a chi mi dà nell'unghie, e certo intendi bene che tu sei quello che m'è dato nell'unghie, e te la senti correr giù per le spalle, e insomma capisci che tu sei quello che m'ha a procurare i maglioli. Non mi dire che, per averli della qualità che si vuole, bisogna pensarci a tempo, visitar le viti prima della vendemmia, riconoscerle all' uve, segnarle cadresti troppo in contradizione, andresti contro il tuo principio medesimo;

(1) Dalla squisita e calda gentilezza dell'amico nostro, professor Paolo Mantegazza, che ne possiede l'autografo, riceviamo la lettera che siamo lieti di poter offrire ai lettori della Rivista Europea. Ci sembra un bellissimo saggio di lettera famigliare. Lasciamo ai giornali piena facoltà di riprodurla.

LA DIREZIONE.

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