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aggiunger quello di trovare che il viaggio e il cangiamento d'aria Le sia stato vantaggioso. Noi siamo (come Ella vede per la data di questa) alla campagna, dove avemmo già il piacere di conoscerla, e di passare una gradevolissima giornata con Lei: e ci rimarremo probabilmente tutta la state. La mia famiglia Le rende anticipate grazie per l'intenzione ch'Ella ha di rinnovarci questo piacere, ed io non mi stendo di più, nella gioconda aspettazione di esprimerle a viva voce con qual vivo e sincero sentimento di stima e d'attaccamento io Le sia

All' Ornat.mo e Chiar mo Signore Il Sig. G. Arcangelo Gambarana

Casale Monferrato.

Dev.mo Oss.mo Servitore
ALESSANDRO MANZONI.

ti mando, esattamente trascritte dagli originali. Lascio in tua facoltà il pubblicarle sulla Rivista; parmi anzi debbano riuscire gradite a te ed ai lettori, come quelle che provano sempre meglio quanta fosse la gentilezza d'animo del Manzoni.

La prima lettera, scritta da Brusuglio, ove il Manzoni soleva villeggiare, è del maggio 1828, diretta al Gambarana, a Casale Monferrato: la seconda, colla data di Milano, nell'aprile del 1832, è invece diretta alla vedova del Gambarana, a Casale del Monferrato; e da quanto vi è detto pare che il Gambarana prima di morire avesse destinato alcuni shoi pezzi di musica al Manzoni, forse come ricordo.

Tutte due le lettere sono nitidamente scritte, colle soprascritte fatte anch'esse dalla mano del Manzoni: e appariscono suggellate col suggello che il Cav. Morbio dice usato solitamente dal grand' uomo.

Debbo alla cortesia del mio collega Prof. Carlo Balduzzi il poterti mandare copia di queste preziose lettere.

Il tuo PAOLO PAVESIO.

IX.

Pregiatissima Signora,

La mia poca salute mi scusi dinanzi a Lei dell'avere io tanto indugiato ad accusarle il ricevimento dei preziosi pezzi di musica destinatimi dall'incomparabile suo sig. marito. Non occorre ch'io Le ripeta (qui nell'autografo v'è una cancellatura, sotto la quale pare si possa leggere QUA) con che cura e con che riconoscenza saranno conservati. Ella sa in che alto conto io tenessi il cuore e l'ingegno di quell'uomo, e quanto riverita e cara mi sia la sua memoria.

Ho consegnato al mio amico Grossi il pezzo di musica che era per lui, ed egli mi incarica di presentargliene i suoi ringrazia. menti.

Gradisca pure i miei, e coi complimenti della mia famiglia l'espressione del rispetto e della devozione con che ho l'onore di rassegnarmele

Milano, 11 aprile 1832.

Alla Pregiatissima Signora

La Signora Angelina V.a Gambarana

Casale del Monferrato.

Umil.mo Obb.mo Servitore

ALESSANDRO MANZONI.

ANDREINA

NOVELLA

(Continuazione)

VIII.

Mentre erano colà, l'Andreina con segni manifesti di animo pertur bato e con gli occhi rossi e pieni di lagrime, lavorava nella stanza prossima al giardino, e ad ora ad ora alzava la testa per guardar le persone che ivi, sorbito il caffè, passeggiavano. A mano a mano Alberto si scostò un poco dagli altri, e quando si pensò di non esser veduto, rientrò in casa e venne diritto alla povera fanciulla, che non ebbe la forza e il coraggio di muoversi.

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Mio Dio! Com'è mai possibile, signore, che possiate credere questo?sclamò l' Andreina con moto affatto spontaneo, non avendo avuto il tempo di pensarvi su.

Il giovine si temperò alquanto, e mostrandole il biglietto sciupato e quasi a brani, soggiunse:

Questa è dunque la vostra risoluzione finale ?
Si, signore.

Avete preso questo partito di vostra libera volontà?

Si

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rispose l'Andreina; ma il ripetere tal parola le strin

geva la gola. Nondimeno ella seppe ritenere il pianto.

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E non siete per mutar mai di pensiero ?

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No e dicendo questo no impallidiva e portava la mano al petto, come chi sente una trafittura.

Voi dunque ricusate tutto. Non sapete che farvi nè delle mie ricchezze, nè della mia mano, nè del mio cuore?

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Signore, quand'anche poteste disporre di voi così, non dovreste
Non dovrei? E perchè?

Fa bisogno ch'io ve lo ricordi? La mia condizione non è pari alla vostra. Avete promesso di sposare la signora Elisa. Questo è un momento di aberrazione. Se non mi volete rovinare del tutto, per pietà lasciatemi; non vogliate parlar mai più di tali cose, e dimenticate ch' io sono al mondo !

Non sarò dunque io il padrone della mia mano, di me stesso? Dite una parola e questo matrimonio si tronca.

Signore, voi delirate. Non vedete ch'io sarei la più scono scente, la più vile creatura, se mi diportassi a questo modo verso la Contessa? Io vi scongiuro di cessare una volta, o mi condannate a uscire di questa casa.

- Avete ragione; perchè non sentite nulla, non avete nè anche un pensiero d'amore per me.

- È vero

la fanciulla replicò intanto che un leggiero tre

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Anzi mi vorreste cento miglia lontano.

È vero

ella ripetè, e le divennero smorte ancora le labbra, e sarebbe forse venuta meno, se l'impetuoso giovine, trasportato dalla passione, non le avesse preso le braccia con forza, soggiungendo quasi fuori di sè.

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!

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- Alberto chiamò la voce della Contessa dal giardino.

La Contessa ! - gridò Andreina presa da terrore.

La signora Trisulti, vigile com'era, non vedendo più il figlio insieme con la nipote, ne veniva in traccia. Questi che non poteva tôrsi dall'animo il grande rispetto che avea per la madre, ricorse a un'astuzia da scolaro: lasciò di un subito le braccia di Andreina, e porgendole la sinistra col guanto le disse, allorquando la Contessa poneva il piè nella stanza:

Fatemi dunque il piacere di ferinar questo bottone.

Alberto... voi qui ?... mentre Elisa e il vostro amico vi cercano pei viali del giardino?

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Non c'era questa fretta. La vostra fidanzata non è ancora in casa nostra ? Andate dunque a raggiungerla.

-

Madre mia, Elisa sta così volentieri in compagnia di Ernesto!
Che vorreste dire?

Si sono conosciuti in viaggio...

E perciò?

Sono arrivati insieme fino a Milano...

Ma insomma !

-E si ritrovano a Roma in casa nostra a passeggiare pei viali del giardino.

Dovrebbe Elisa corrervi appresso? Non ce la saprei consi

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Si, signore ella rispose, rompendo il filo. Alberto si mosse dicendo alla madre:

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La Contessa rimase ivi con Andreina, e dopo alcuni minuti che l'una e l'altra aveano taciuto, le si approssimò, indi ponendole dolcemente una mano sovra la spalla, disse:

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- Parliamo un poco insieme.

Mi comandi.

Non ho nulla da comandarvi, Andreina. Ma voi non avete a dirmi nulla?

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