Page images
PDF
EPUB

Gazzettino bibliografico Italiano.

Della Rivoluzione protestante, Discorsi storici di Ercole Ricotti; Roma, Torino, Firenze, Erm. Loescher (un bel volume di pag. 556; prezzo L. 6).

Il Ricotti è uno storico raro in Italia; esso fa risparmiare al suo lettore un tempo prezioso; non dice nulla di più, nulla di meno di quello che gli importa sia veramente saputo; così che il suo nuovo libro, in cui si rivela particolarmente un tal pregio, meglio che de' discorsi storici ci offre degli aforismi storici. Vi sono sentenze morali di scrittori che hanno molto meditato sulla morale, argomento spesso elastico; perchè non vi saranno pure sentenze storiche di chi ha molto meditato sulla storia, argomento, per lo più, sicuro e positivo? E nessuno storico in Italia ci pare meglio atto del Ricotti a offrirci volumi di sentenze storiche, e ad offrircelo bene ordinato. Ciò che importa al Ricotti è fissare e determinare in modo preciso e con animo giusto i problemi principali della storia; quando questi sono bene fermati, anche i secondarii vengono naturalmente e quasi spontaneamente a collegarsi con essi. Si potrebbe colorire di più qualche fatto, allargare di più qualche giudizio che il Ricotti rechi in mezzo; ma difficilmente un lettore giusto potrebbe respingerlo; i fatti, in ogni modo, sono sempre sicuri; i giudizii hanno il gran merito d'essere spassionati, e questo, trattandosi d'un dotto che ha sviscerato la storia, è un pregio che gli concilia piena fiducia. Ciascuno dei quarantaquattro discorsi contenuti in questo volume, si fonda sopra un principio storico generale sicuro, illuminato con alcuni pochi esempii eloquenti, e dichiarato nel suo svolgimento storico più impor

tante. Il lettore che segue lo storico, consente sempre con esso, anche dove gli piacerebbe che esso dicesse un po' diversamente. Così, per esempio, nel terzo discorso, ove si pone l'apogeo del papato sotto il pontificato d'Innocenzo terzo, il lettore consente in questo fatto storico, che non può esser messo in dubbio; ma s'attenderebbe che un critico penetrante come il Ricotti il quale non ignora di certo come i protestanti si servano della figura d'Innocenzo per combattere il cattolicismo aggiungesse pure il male che Innocenzo terzo ha fatto alla religione, e pel danno fatto alla religione, fosse egli stesso, in tutta la sua potenza politica, un primo suscitatore di scismi religiosi; ma, se il Ricotti, che rapidamente sentenzia, non può egli stesso tutto spiegare, il suo libro riesce però tale che può servire di guida e di base sicura ad un ampio commento storico, che lo completi confermandolo. Non è poi senza una viva compiacenza che avvertiamo la coraggiosa franchezza, con la quale il Ricotti, trattando da una cattedra universitaria di provincia italiana, ove i clericali sono ancora potenti, un tema arduo come quello della Riforma, ha osato dire con aperta schiettezza il vero, senz'altri riguardi che quelli i quali si devono alla maestà della storia. La maggiore originalità di questo volume, che speriamo vada presto nelle mani di molti fra i nostri lettori consiste appunto, nella costante ed energica franchezza con la quale il Ricotti, dopo avere

storia, manifesta i suoi giudizii spontanei, indipendenti, sinceri, e, per quanto appaiano semplici, fondati sempre sopra l'intima natura de' fatti e non mai sopra l'esterna

loro apparenza, che le viene, per lo più, attribuita dalla passione.

e

Della indipendenza italiana, Cronistoria di Cesare Cantù (25, a 26,a 27a dispensa); Torino, Unione tipografico-editrice. Con queste puntate, l'opera del Cantù arriva all'anno 1848. Chi sa quanta parte abbia preso, negli anni che precedettero il 1848, Cesare Cantù agli avvenimenti politici italiani, può comprendere non solo l'interesse ma l'importanza che, fatta da lui, la narrazione di un tal periodo di nostra storia può avere. Le tre puntate che abbiamo sott'occhi sono di documenti poco noti od ignoti, ricche di molte reminiscenze personali; vivacissimi i giudizii, se non tutti spassionati; e fatti, con molta destrezza, certi riscontri storici, e d'opinioni professate da scrittori diversi, in diverso tempo, se non sempre generosi. In ogni maniera però, le nuove puntate della Cronistoria coloriscono molto gli anni ai quali si riferiscono, e meritano, da chi ama cercare nel passato le cagioni di molte condizioni presenti, di essere lette e meditate, salvo poi sempre il diritto d'interpretare i fatti discorsi in modo più largo.

Le questioni del giorno. Alcune lettere di Giorgio Pallavicino (1871-1873). Milano, tip. di Lodovico Bartoletti. « Convinto che il primo bisogno e il primo diritto del principe sia il conoscere la verità, e il primo dovere del cittadino il dirla senza arroganza e senza debolezza, io raccolsi queste mie lettere, le une già pubblicate, le altre inedite, per comporne un tutto che potrebbe intitolarsi: il programma politico-sociale d'un galantuomo. Questo programma è il portato della mia lunga esperienza e del mio caldo amor del paese. Io te l'offro per carità di patria. E tu accettalo, se buono, e respingilo, se tale non ti sembrasse: rispetterò la tua sentenza, qual ch'ella sia. Leggi e giudica. » Queste

candide parole dell'illustre patriota, che, da oltre mezzo secolo, serve, con intrepidezza e con fiera lealtà il suo paese, non sono rivolte a questo o a quel consorzio italiano, ma al popolo, che comprende ogni classe della società, e che solo ha diritto e potenza di porla in equilibrio. Nella prima lettera diretta al Garibaldi, il Pallavicino combatte energicamente contro le idee comunistiche dell'Internazionale; nella seconda lettera a Garibaldi, l'autore si rallegra che il gran cavaliero della libertà ami solo una Internazionale detersa da certe dottrine, il che vuol dire, in somma, non amare l'Internazionale che fa ora parlare di sè e che professa appunto quelle certe dottrine. Nella terza lettera, al Guerrazzi, il Pallavicino mostra tuttavia ancor esso di preoccuparsi della questione sociale. Nella quarta lettera, al Guerrazzi, l'autore consente col livornese che convenga stringersi fuori del parlamento, e si rallegra con esso perch'egli, nel Secolo che muore, leghi il secolo alla colonna e lo flagelli senza misericordia (In questo sentimento ci rincresce non poter convenire con l'illustre patriota; come siamo cittadini d'una patria, così apparteniamo al nostro secolo, che siamo in obbligo di servire ed amare perchè nostro; se ci contentassimo di flagellarlo, renderemmo all'età nostra un pessimo servizio; non convien flagellarlo il nostro secolo, come non conviene lusingarlo). Nella quinta lettera, al Guerrazzi, il Pallavicino sconsiglia per ora il suffragio universale, e vorrebbe soltanto che il suffragio fosse solamente esteso: passi e non salti, dic'egli con molta saviezza. Nella sesta lettera, a Vilfredo Pareto, l'autore raccomanda l'istruzione obbligatoria ed esprime il desiderio perchè si neghi il voto ai soli analfabeti. Nella settima lettera, al Guerrazzi, si fa cenno d'un nuovo partito nazionale che do

vrebbe costituirsi in Italia. Nella ottava lettera, allo stesso, il marchese Pallavicino si dichiara per l'abolizione de'titoli, per l'abolizione della pena di morte, per la libertà di coscienza, di riunione, per l'istruzione gratuita e laica, per la libertà del commercio e della industria..., e cita le parole che gli diresse Garibaldi: « Se credi iniziare un'associazione di vecchi col programma di dire la verità senza paura, contami nelle tue file. »Nella nona lettera, il Pallavicino assicura il Guerrazzi che egli, al pari di lui, crede in Dio e venera Cristo, e riferisce la sua lettera ai perduti del Gazzettino Rosa. Nella decima lettera, il Pallavicino dichiara al Guerrazzi avere scritto al Carioli: « noi pure, aderendo al concetto umanitario, non ammettiamo le arcadiche utopie degli amici della pace; » nella lettera undecima, il Pallavicino si lagna al Guerrazzi perchè la soscrizione per il monumento ai caduti di Mentana non abbia trovato tutto il concorso desiderabile, perchè la dimostrazione politica riuscisse eloquente (quanto a noi che avversammo la soscrizione postuma e servile al monumento per Napoleone, come quella inutilmente irritante ai caduti di Mentana, ammiriamo il senso pratico della maggioranza degli italiani che si astenne dall'una e dall'altra); la dodicesima lettera, a Benedetto Cairoli, la più importante di questa raccolta, espone il sogno che il Pallavicino ha fatto e che meriterebbe sicuramente di diventare una parte insigne del programma politico definitivo del gran partito nazionale italiano; nella tredicesima lettera, al Guerrazzi, che raccomandiamo per la sua gravità, il Pallavicino difende la monarchia come forma transitoria, per paura ch'egli ha de'nostri repubblicani, i quali, pochi eccettuati, gli fanno paura. Nella decima quarta lettera, il Pallavicino propone una forte diminuzione

della lista civile italiana; nella decimaquinta lettera al signor Moneta, direttore del Secolo, il Pallavicino insiste sopra lo stesso argomento; l'ultima lettera è una poderosa frustata al giornale mimico: Il Fanfulla, e finisce con le seguenti parole: «Del resto, giusto con tutti, voglio esserlo anche con te, mio caro Fanfulla; però, confesso che tu reciti molto bene la tua parte di buffone; e puoi gloriartene; mi hai fatto ridere. » Se la voce di uomini onorandi ed autorevoli come il Pallavicino potesse venire ascoltata in Italia da molti, non è dubbio che molta parte della nostra letteratura politica si risanerebbe; ma perchè tal voce possa essere intesa, giova ed urge che l'uomo venerando divenga un partito operoso e gagliardo.

Bibliografia dei viaggiatori italiani ordinata cronologicamente ed illustrata da Pietro Amat di San Filippo; Roma, coi tipi del Salviucci. Non è una bibliografia, ma un tentativo di bibliografia, che merita al signor Amat di San Filippo la gratitudine degli studiosi; l'Amat di San Filippo raccolse buon numero di notizie rare, le quali richiesero, senza dubbio, molte ricerche pazienti, e molta diligenza. Ma è singolare come, presso tanta diligenza nell'aggiungere del proprio nuovi titoli alla bibliografia italiana, siasi poi mostrato trascurantissimo nell'adoperare le fonti più facili a consultarsi. Egli cita, per esempio, la storia dei viaggiatori italiani del Branca, ma parecchi de' libri citati nel libro del Branca non sono ricordati nella Bibliografia dell'Amat; parecchi de' libri posseduti in Roma dalla Società Geografica Italiana citati nel Bollettino della Società medesima non si trovano riferiti nel libro dell'Amat, il quale si dispensa pure dal ricordare i titoli di parecchi libri o viaggi riferiti in collezioni notissime come il Tour de monde, il Giro del Mondo, l'An

née Géographique del Saint Martin, l'Annuario scientifico del Treves, il Cosmos di Guido Cora, i! Bollettino Consolare italiano. Così di certi viaggiatori italiani notissimi o non si citano punto le opere, o se ne cita una sola, o se ne citano due, attribuendole a due viaggiatori diversi; com'è accaduto al Baruffi distinto in due, l'uno de'quali è fatto autore del Viaggio in Orien te, l'altro del Viaggio alle Piramidi, mentre poi si pàssano sotto silenzio le sue celebri Peregrinazioni autunnali. Ed è poi meraviglia in un libro stampato a Roma da un membro della società geografica italiana, della quale l'Antinori è direttore, vederlo chiamato fiorentino, mentre è noto che l'Antinori è di Perugia. Se, pertanto, siamo d'accordo col signor Amat di San Filippo che il criticare una bibliografia è molto più facile che il compilarla, non possiamo nascondere il nostro rincrescimento perchè il signor Amat, il quale ebbe pazienza nelle ricerche più gravi, non ne abbia poi mostrata alcuna nelle più agevoli, e ci abbia quindi, a questo riguardo, presentato un lavoro più notevole per i suoi didifetti che per i suoi pregi, i quali sono tuttavia considerevoli, e meritano che il libro sia ricercato.

Calendario storico-tipografico notizie raccolte da Bernardo L. Centenari; si vende a benefizio delle vedove e orfani dei tipografi in Roma; Roma-Firenze, tip. della Gazzetta d'Italia; (un volume di pag. 150; prezzo L. 1, 50).

Dedicato a tre tipografi assai benemeriti dell'arte tipografica italiana, Giuseppe Pomba in Torino, Angelo Colombo in Milano, Paolo Galeati in Imola, destinato a benefizio di una bella istituzione filantropica che già prospera in Milano e mette ora le sue radici in Roma, si raccomanda questo libriccino per le molte notizie, relative alla storia della tipografia dalle prime origini fino ai giorni presenti, disposte per anno e per giorno,

scelte con giudizio, ed esposte con sobria e facile dicitura. Sperando tuttavia che tutti i tipografi e bibliografi acquistino questo utile libriccino, e si renda presto necessaria una seconda edizione, facciamo voto perchè in essa si rassegnino i fatti d'incerta data in una appendice, anzichè collocarli cervelloticamente sotto certe date, come il sig. Centenari si scusa d'aver fatto, e che si arricchisca il volumetto con un indice ragionato dei nomi d'autori e tipografi citati nel libro.

[ocr errors]

I dialoghi di Galileo Galilei sui massimi sistemi tolemaico e copernicano; volume unico; in Livorno, coi tipi di Francesco Vigo editore (un vol. di pag. 510; prezzo L. 5). Tutti conoscono lo svolgimento dato da Galileo al sistema copernicanɔ; tutti parlano del metodo di Galileo; tutti ricordano la tortura inflitta a Galileo, sia per confermarla, sia per oppugnarla; pochissimi hanno letto l'opera classica di Galileo, che lo pose sotto il processo dell'Inquisizione; e pochi la lessero, perchè essa è divenuta rara, quando non si ricerchi con qualche disagio nella raccolta delle opere complete di Galileo. Il benemerito editore Vigo ebbe quindi un felicissimo pensiero, quando pose l'animo a ripubblicare l'opera di cui abbiamo recato sopra il titolo; e poichè, oltre alla solita nitidezza de' tipi che l'adorna, egli volle che la lezione di questa nuova edizione riuscisse più corretta delle precedenti, poichè le mandò innanzi una compendiosa e pure abbastanza ricca, e giudiziosa biografia di Galileo, scritta convenientemente dal signor Amerigo Seghieri, annunciando ora agli studiosi una bella ristampa dell'opera, crediamo poter pronosticare al valente editore un ottimo affare; poichè, senza dubbio, pochi saranno oramai i cultori della classica letteratura, della filosofia positiva e delle scienze fisiche, i quali vo

gliano rimaner privi di una delle opere fondamentali della scienza moderna, la quale poteva finqui, pur troppo, andare nelle mani di pochi.

Il pellegrinaggio del giovane Aroldo, poema di Giorgio Byron, traduzione di Andrea Maffei; Firenze, Successori Le Monnier (un vol. di pag. 524; prezzo L. 4 ital.). Quanti falsi Don Giovanni apparvero in Europa dopo il primo bei Don Giovanni inglese! E quanti falsi Aroldi dopo il primo Aroldo! Ma gli autori della vera poesia cercheranno sempre gli originali e non le male copie. L'Aroldo è come tutti sanno, un giornale di viaggi; ma quando il viaggiatore si chiama Giorgio Byron, si capisce che non poteva entrarvi se non alta poesia se bene scritta spesso con uno stile semplice e dimesso. Or sono alcuni mesi annunciavamo la pubblicazione staccata dell' ultimo canto dell'Aroldo, tradotto dal principe de' nostri poeti traduttori viventi; ora siamo lieti di recare a notizia de' nostri lettori che la nostra letteratura s'è arricchita della versione completa dell'Aroldo, curata dal Maffei, e che l'insigne tradut. tore, a cui sarebbe impossibile il non dar versi elegantissimi e soavemente melodiosi, ha pur saputo secondar bene la varietà de' toni narrativi, descrittivi e lirici, che, nella stessa sua unità la quale le viene dalla figura giganteggiante del grande poeta viaggiatore, il poema presenta. Questo nuovo volume fu con gentile pensiero dedicato dalla musa senile del Maffei alla sua moglie, marchesa Clara Maffei Carrara Spinelli, che aveva graditi i fiori offertile dal pocta nel maggio della sua vita:

Pur, dacchè i fiori usciti
Nel maggio a caro avesti
Fa che non sieno questi
Verníni a te sgraditi.
Così de' nostri affetti

Mai non estinti, certa

Prova sarà l'offerta

Che dal mio core accetti; Nè la cagion, ben lieve! Che ci parti, vorranno Più rintracciar d'inganno Tutti levar ciò deve,

Le nuove economiche

-

[ocr errors]

istituzioni nel secolo XIX. È questo il titolo di una importante opera del prof. Alberto Errera, già ben conosciuto per suoi scritti di scienze economiche.. Questo libro, pubblicato testè a Milano dalla casa Treves, raccogliei ordina e determina ciò che può dirsi di più accertato intorno a quei fenomeni della industria, della navigazione, del commercio che si sono oggidì esplicati in modo affatto nuovo: esso indica nella 1a parte in qual modo le industrie si classificano, come si organizzano, quali forme speciali vadano assumendo; poscia (11 parte) si intrattiene delle svariate istituzioni operaje dei nostri tempi; nella III parte si occupa delle Società di commercio e delle nuove forme del credito: nella IV delle Societá commerciali, delle compartecipazioni, delle Borse, e dei contratti a termine. La V parte è dedicata a quelle Assicurazioni che noi nel medio evo creammo e che oggi sono argomento di studi in Germania, in Inghilterra ed in Francia e per le quali se reclama la libertà e si invoca l'ottimo ordinamento legale che risponda alle nostre migliorate condizioni commerciali.

Un capitolo speciale è dedicato a quegli Istituti che i negozianti italiani hanno iniziato pur nell'evo medio, ma che poscia si diffusero all'estero. cioè i magazzini generali. Qui l'autore si diffonde anche in particolari tecnici per dar esatta notizia dei modi di fabbricazione, delle spese, dei regolamenti interni, delle consuetudini, e sopratutto delle varie leggi che dapertutto hanno variamente regolati questi magazzini generali, le fedi di deposito, e le note di pegno.

« PreviousContinue »