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anni di vita, questa associazione ha aperto l'anno scorso un convitto dove trenta fanciulle povere ricevono il pane della mente e del corpo; quest'anno ha avuto luogo la solennità della distribuzione de' premi in cui la direttrice signora Clara Filipescu pronunziò un discorso molto applaudito in favore della istruzione femminile. La Direzione della Cornelia fa precedere la lettera da alcune parole con le quali si loda molto l'opera di queste signore di Iassy.

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Si annunzia pel mese di marzo la pubblicazione a Parigi ed a Londra di un lavoro statistico ed economico in francese, ed in inglese intitolato: La Rumenia nel 74. S'ignora il nome dell'autore; ma chiunque egli sia, merita la stima e l'incoraggiamento de'Rumeni.

Da alcuni anni a questa parte lo spirito di associazione si è svolto fra i Rumeni in un modo rapido e consolante: accanto alle grandi società finanziarie ed assicuratrici si sono stabilite sopra basi più modeste ma ugualmente proficue due associazioni: Societatea Economia e Societatea agricultorilor romani anche dirette da quell' indefesso patriota direttore della Scuola di Agricoltura presso Bukarest, ch'è l'Aurelianu.

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Giovanni Bratianu, noto uomo politico ed economista ha tenuto ultimamente all'Ateneo una conferenza molto applaudita sullo stato economico della Rumenia nella quale combattè con eloquenti parole l'accusa che si fa alla razza latina d'indolenza e d'indifferenza per il suo svolgimento economico.

Esiste in Vienna una Società letteraria col titolo di Giovine Rumenia alle cui tornate si riuniscono tutti gli studenti rumeni di quella città leggendovi ciascuno un suo lavoro letterario; molti ne sono i membri e la società possiede un gabinetto di lettura con giornali in diverse lingue spediti gratuitamente alla società; essa ha pure una biblioteca assai ricca. Il suo direttore Sucevenu è pure redattore d'un giornale rumeno mensile: Stenograful che si pubblica a spese della società.

In Parigi, dove gli studenti rumeni sono in gran numero, si è fondata un'associazione simile. Il giornale Romanulu ha pubblicato varii lavori di storia e letteratura rumene che alcuni fra que' giovani lessero nelle tornate dell'associazione. Questi lavori dimostrano molto studio e grande vigore di argomentazione.

La rivista trimestrale Romania che appare in Parigi pubblicava in un fascicolo dello scorso anno un articolo del professore H. Schuchardt sopra l'ortographe du Romumain in cui criticava il sistema di scrittura adottato dall'Accademia rumena e quello del prof. Maiorescu di Iassy. Quest'ultimo, in una seconda edizione del suo lavoro: Sulla scrittura della lingua rumena, si difende egregiamente con argomenti filologici di gran valore.

La famiglia del dottor Steege, morto or son pochi anni, ha donato alla Università di lassy la biblioteca da lui composta di circa 1600 volumi. Il dottor Steege era uno scienziato di vaglia e fù più volte ministro.

L'egregio patriota rumeno di Bessarabia, G. Strajescu ha lasciato per testamento tutto il suo avere di lire 40,000 ed alcuni mobili al municipio di Jassy, affinchè colle rendite annue si mandassero uno o due giovani rumeni all'estero per istudiare. Egli impose a questi giovani l'obbligo morale di difendere la nazionalità ed i dritti de'Rumeni della Pessarabia.

L'illustre poeta nazionale rumeno B. Alexandri, il quale per molti anni studiò la letteratura popolare rumena, si applica ora ad illustrare in qualche modo coi suoi brillanti lavori originali le tradizioni del popolo. Egli ce ne dà un saggio in una sua graziosissima commedia in un atto pubblicata nella Rivista Contempurana col titolo: Arvinte si Pepelea. Nello stesso fascicolo della Rivista notiamo una bella poesia a Victor Hugo di C. Economu.

L'ultimo numero della Columna lui Traian contiene le seguenti materie: Haiducul Groza ballata di Alexandri. Cernatescu e la storia contemporanea, critica di Tocilescu. La cicuta, studio di Petrescu. Una mistificazione letteraria di Perietianu.

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ST. S.

Pressburgo, 10 febbraio 1874.

Aggiungo alla mia lettera di Maros Némethi le seguenti notizie: Fra le opere ungheresi, che riguardano la storia e la letteratura italiana, due, sopra tutto, si distinguono: 1. « Zrinyi e Tasso, » dissertazione di Giovanni Arany, dotto e poeta distintissimo, nella quale l'autore fa un fine e giusto confronto fra que' due grandi poeti e prova in una maniera evidente, che lo Zrinyi seguendo spesso le splendide traccie del Genio del Tasso, si mostrò tuttavia, nel concetto della sua grande epopea<< Zrinyias » del tutto originale ed indipendente dal Tasso. Il conte Nicolò Zrinyi, fu molto versato nella lingua e letteratura italiana; e la coltura italiana influì grandemente sopra di lui, ma, come il nostro valente critico e poeta Arany l'ha dimostrato il suo genio non si é lasciato incatenare. La dissertazione d'Arany fu pubblicata nella Rivista di Buda-Pest dell'anno 1859 e 1860. Qui osservo come Zrinyi fu parente prossimo dei Frangipani (Frangepan), conti di Veglia, d'origine italiana. 2. « Machiavelli e Montesquieu, » dissertazione del barone Gabriele Kemény, dotto ed uomo di stato distintissimo, nella quale egli c'informa sopra le opere ed il carattere de'due pensatori. Confrontando il Kemény que' due grandi politici aggiudica la preminenza a Machiavelli, al pratico, profondo e vero patriota sopra l'entusiasta, ma poco pratico Montesquieu. Nella prima parte di questa dotta dissertazione si leggono le seguenti parole: « Onore alla memoria di Machiavelli! a cui ognuno s'inchinerà; chi sa che cosa sia vegliare con occhio penetrante nel futuro sopra uno stato ammalato, chi sa, quale è l'angoscia di colui che è testimonio della lotta per la vita e per la morte, che il suo paese intraprende contro un nemico atroce e spietato; chi ha veduto in sua vita freddi calcolatori, scrutatori di tutte le circostanze, ai quali non sono nascoste neppure le minuzie; uomini d' indole robusta, veri colossi di statura gigantesca commossi dalla rovina della loro patria! » Questa bella dissertazione del Kemény fu pubblicata nei volumi 14 e 15 della Rivista di Buda-Pest in tre fascicoli. Francesco Jánosy ha scritto un interessante articolo concernante l'Italia, che fu pubblicato anch' esso nella medesima Rivista. Quanto al vostro grande Manzoni sono lieto di potervi scrivere, che fra poco uscirà alla stampa una traduzione dei « Promessi Sposi. » Gustavo Beksics è il nome del traduttore.

Ed ora ritornerò indietro, per fermarmi alle pubblicazioni del nostro valente dotto prof. Wenzel, che fra altri grandi meriti ha anche quello d'avere esaminato scrupolosamente molti diplomi italiani concernenti la storia ungherese. Relativamente alla prigione del conte Cristoforo Frangipani a Venezia c'informa il Wenzel di molti particolari curiosi e nel suo dotto lavoro « la prigione di Frangipani a Venezia » ha pubblicato importanti lettere scritte dal conte Cristoforo o indirizzate à lui, dalle quali si deriva una luce inaspettata sul carattere di quell' eroe. Queste lettere si trovano nei volumi XVIII, XIX, XX della ricchis

sima cronaca del veneziano Marino Sanuto. Dopo l'infelice battaglia di Mohács il conte Cristoforo fu uno dei pochi, che non perdè coraggio e salvò ciò che si potè salvare, come c'informa una lettera scritta dall'Ungheria al nobile veneziano Dandolo, (anche questa lettera si trova nella cronaca del Sanuto e contiene fra le altre le seguenti parole: « Vedendo el signor conte tanta fuga.

. fece

un core de lione come el solito suo et pinse avanti con le sue gente tra la Sava e la Drava dagando animo e core a ogniuno maxime ali contadini » etc.) Il conte Frangipani dopo un anno di prigione ebbe un sogno di significato mistico che partecipò per mezzo di una lettera al proveditor sora i presoni » Antonio Dandolo. Il prof. Wenzel ha estratto la copia di questa lettera dal volume XX della cronaca di Sanuto. Ecco la lettera:

« Magnifico miser, e mando a quella qui sotto scrito uno insonnio per me insuniado una di queste note passade per far rider la Magnificencia vostra per esser vario e de piu punione. Del qual insunio credo esser causa la partida dela Excelentia del signor Bartholomio senza far altro, dove Io sperava che la so Signoria avera a far qualche bon prenzipio dele cose prexente; e non vedendo altro effetto della partida de quela, restai molto di malavoia chon molti pensieri, con li quali me misi a dormir una di queste note passade come mezo desperado, e cussi dormendo: Parevame essere in logi estranii, per li quali andando uno longo tempo me parse arivar in un logo, dove vidi una anima etiam uno corpo; visto quelo mi fermai tutto dubioxo vardando quelo. Visto mi lanima mi dimandò, chi lo era; ala qual resposi esser Io Christofalo Franchapanni. Me domandò che voleva, ala qual ge risposi : Servirte la sacratissima Ancora. Me dimandò che cauxa iera dela mia venuta in locho presente; lo ge resposi, in veritade la cauxa sie li bisogni la nezessita ton li pericoli cussi presenti como futuri proveduti.

In quelo stanti, e me comenzo el corpo a dimandare, se io lo cognosceva? Al qual Io ge resposi molto cognoser, nomindo li contrasegni non escu quel serenissimo corpo, lo quale non me volse, ne mi ne li mei per lo pasado non nescu quelo serenissimo corpo, lo quale me fa de più patire che nisun altro; el qual vene in questo locho per la varia fortuna conduto, la quale anche mi non volse perdonar. El me rispose esser ogni cosa per el meio. » Nella contiuuazione Dandolo ricêve notizia del significato arcano di quel sogno; ma io non continuo temendo di riprodurre un testo, che non ho capito bene. - I Frangipani d'origine italiana hanno avuto una grande parte nella storia ungherese. Il forte legame, che ha unito nei secoli precedenti i paesi della Corona di St. Stefano si palesò in tutta la sua forza nelle tradizioni famigliari dei Frangipani e nel sud del Regno di St. Stefano il loro esempio risplende di una luce inestinguibile.

L'influenza dell'Italia sopra l'Ungheria si vede anche in qualche parola ungherese tolta ad imprestito dall'italiano p. e. fanczilla « fanciulla, » l'ungherese fanczilla significa giovine serva; — palota « palazzo » (ma può darsi che l'ungherese palota provenga dal latino palatium); szamár « somaro >> bakator « bocca d'oro » etc.

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Conte GEZa Kuun.

Lettere inglesi.

Londra, 24 febbraio.

Richiamo specialmente la vostra attenzione sopra un libro pubblicato in questo mese, che s'intitola Etruscan Researches, by Isaac Taylor (London, Mac Millan). L'autore ci riempie di stupore con l'avanzare l'opinione che gli Etruschi furono d'origine Ugrica o Turanica, e che il loro linguaggio dev'essere riferito al finnico, e agli altri dialetti tatari o turchi. É questo un soggetto del quale devono occuparsi specialmente gli italiani; l'anno scorso Lord Crawfurd scrisse un volume, per congiungere l'etrusco col basso tedesco; ed ora ci si avanza quest'altra singolare teoria, mentre l'Italia sta zitta (1). Nell'Academy del mese di gennaio, Max Müller scrisse un articolo in risposta ad una lettura sopra il medesimo argomento, ma prima che il libro fosse pubblicato.

ROBERTO CUST.

Notizie letterarie straniere.

Grecia: L'egregio sig. prof. Gaetano Triantafillis, nel dare tradotta in Venezia, pe' tipi del giornale Il Tempo, la racente opera di Marco Renieri su Tiberio Gracco ed i suoi amici Blossio e Diofane (un vol di pag. 142, in-8), lo faceva precedere da alcune notizie sull'autore, che crediamo utile riferire ai lettori della Rivista Europea: « L'autore di questo libro, Marco Renieri, nacque a Trieste di padre Candiotto e di madre Genovese; fece i suoi primi studii a Venezia nel Liceo di S. Catterina, poscia passò all'Università dove fu laureato nella Facoltà Giuridica. Compiuti gli studii si recò in Atene e fu nominato Giudice; in seguito per la sua capacità e rettitudine salendo di grado in grado, venne promosso a Consigliere dell'Areopago, supremo Tribunale della Grecia. Dopo la riforma del 15 settembre 1843 egli dovette lasciare il suo posto ed allontanarsi per qualche tempo dalla Grecia; ma ritornato fu tosto nominato professore di diritto civile presso l'Università. Ottenne indi la nomina di ambasciatore a Costantinopoli, e presentemente occupa il posto di direttore della Banca Nazionale di Grecia. Il sig. M. Renieri seppe disimpegnare con tanta onestà e capacità tutti gli alti ufficii a lui affidati da acquistarsi la benevolenza del governo ed il rispetto del pubblico. Fornito di grande attività egli non perde il suo tempo negli intrighi politici, ma dedicandosi a severi studií di tratto in tratto regala ai suoi compatriotti qualche bel libro frutto

(1) Speriamo che non stia zitta per lungo tempo; chè, s'è morto l' etruscologo Gesuita Tarquini, abbiamo il prof. Elia Lattes a Milano, che s'occupa, dicesi, seriamente dell'etrusco, e che ci porterà, speriamo, a qualche risultato soddisfacente; il professor Giacomo Lignana annunzia pure di prossima pubblicazione, in non sappiam quale periodico tedesco, una sua dissertazione sopra la lingua etrusca; poichè la primavera s'avvicina, se saranno rose, fioriranno.

La Direzione.

delle sue solerti ricerche. Così nel 1841 egli pubblicò la Filosofia della Storia; nel 1846 tradusse in greco i Promessi Sposi dell'immortale Manzoni; dal 1844 al 1858 pubblicò l'eccellente periodico: Spectateur de l'Orient; nel 1857 scrisse la Vita del Patriarca Cirillo Lucard; nel 1859 le Lezioni sul diritto civile francese. Oltre a tutti questi lavori maggiori sono conosciuti molti importantissimi articoli da lui inseriti nella Biografia degli illustri italiani del secolo XVIII, pubblicata da Emilio Tipaldo; e nella Strenna italiana di Milano. »

Italiani all'estero.

Leggiamo nella Gazzetta di Venezia: Intorno alle liriche tedesche tradotte in poesia italiana nel nostro compianto Peruzzini, siamo lieti di aver l'occasione, ad onore del nostro poeta e della letteratura nazionale, di riportare i giudizii dei poeti e della stampa tedesca.

Ecco infatti due lettere di Geibel d'Amburgo, e di Heyse di Monaco, nella prima delle quali sono richiamati alcuni giudizii pubblicati da quei giornali.

Le lettere sono dirette alla egregia e distinta signora Perucchi-Peruzzini, consorte del Poeta e degna raccoglitrice dei lavori di lui.

Lettera di Emanuele Geibel.

Lubecca, 18 ottobre 1873.

Il suo scritto, egregia signora, arrivò tardi in mie mani; essendochè il mio domicilio in Monaco, dove erroneamente esso fu indirizzato, si è mutato già da alcuni anni, dacchè mi recai in Lubecca, mia città natale.

La mi permetta pertanto di testimoniarle oggi i miei ringraziamenti pel bel dono ch'ella mi fa colle postume poesie del suo defunto marito. Il nome di Peruzzini mi sonava da lungo tempo noto e famoso, stantechè ei generalmente e spesso viene menzionato in Germania con la più grande considerazione. Una prova di ciò possono esserle i brevi cenni qui uniti sui Fiori lirici, pur troppo i soli, di molti, che m'abbia al momento sotto mano. Alle meritate attestazioni ivi espresse, posso aggiungere soltanto che io medesimo ho percorso con gioia e interesse questa Raccolta, la quale palesa tanta felice intelligenza della poesia tedesca, e tanta singolare poetica vena nel traduttore. Un più profondo giudizio però non saprei darlo; a questo fine dovrei esser più padrone della lingua italiana ch'io non sono, e avere anzi tutto un più chiaro concetto di ciò che le forme e i ritmi scelti dal traduttore possono produrre sull'orecchio di un italiano là dove essi si scostano dall'originale. Pure vorrei per questo riguardo mostrarla al mio amico, il noto poeta Paolo Heyse, in Monaco, il quale contasi fra i migliori conoscitori della moderna poesia italiana in Germania.

Or nel mentre la prego di compatimento se oso offrirle, come modesto ricambio, una delle ultime raccolte delle mie poesie, ho l'onore di salutarla, assicurandola di ogni mia più sincera stima.

Suo umilissimo
EMANUELE GEIBEL.

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