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Rassegna scientifica, letteraria ed artistica

SOMMARIO

Rassegna di legislazione comparata e di giurisprudenza colta in Italia (ove s'informa di recenti scritti pubblicati da Francesco Carrara, G. Di Menza, Giovanni Pittaluga, Carlo Cantoni, Mario De Mauro, Vincenzo Toullier, A. Stelio De-Kiriaki e Ceneri) (avv. Carlo Lozzi) Gazzettino bibliografico italiano Notizie letterarie italiane Gazzettino bibliografico straniero

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Revue littéraire française

mene (St. S.) Lettere ungheresi (G. K.) Lettere inglesi

rarie straniere

Italiani all' estero

(Amédée Roux).

Rassegna di legislazione comparata

e di giurisprudenza colta in Italia. (*)

Sommario.

-

1. La critica giuridica italiana 2. Il prof. Guido Padelletti e l'avv. Giuseppe Gugino 3. I discorsi d' apertura, osservazioni del prof. Francesco Carrara. Lucca, tip. Giusti, 1873-4. Teofilo Huc, professore di diritto all'Università di Tolosa, e P. Gide e Batbie, professori a quella di Parigi 5. Le riforme della istituzione dei giurati, presentate dal Ministero, voti e desiderii di un presidente di assise (G. Di Menza). Palermo, tip. del Giornale di Sicilia, 1874. 6. Sulle riforme della Giuria, lettera di un avvocato di Provincia (Giovanni Pittaluga) al Ministro di Grazia e Giustizia. Alessandria 1874, tip. C. Barnabè. (Accenni alla causa celebre di assassinio del P. Peblani avanti la Corte di Assise di

(*) Nella prossima Rassegna parleremo dell'elegante Dissertazione del prof. F. Buonamici intorno al Delitto di violato sepolcro, e delle recenti pubblicazioni degli avv. L. Meucci, D. Giuriati, P. Boselli, P. Nocito e del pregevolissimo Bollettino del Circolo legale di Macerata, e così man mano di tutti i libri, opuscoli e discorsi che ci verranno gentilmente inviati dagli autori sì nostrani come stranieri, ai quali non sia disgrata la severità sincera ed imparziale di una critica come la nostra, che non pretende a nessuna sorta d'infallibilità o di gratificazione.

Alessandria)

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7. Appunti sulla Filosofia di Kant. La libertà e l'imputabilità, lettere quattro del prof. Carlo Cantoni. Milano 1873, tip. Bernardoni 8. La carcerazione preventiva e il computo della stessa nelle condanne alla pena degli arresti, monografia dell'avv. Mario De Mauro. Catania, tipogr. G. Pastore, 1874 9. Della liquidazione di danni derivati da libello famoso, per l'avv. Vincenzo Toullier. Catania, tip. Roma, 1873 10. Sull'abolizione della pena capitale, lettera dell'avv. A. Stelio De-Kiriaki. Venezia, 1873 - 11. Bononia docet, e il professor Ceneri.

1. L'Italia, che nelle Mostre Universali, come nell'ultima di Vienna, pare si stia contenta ai terzi posti, non so se meriti il quarto o il quinto ordine nel teatro delle produzioni giuridiche e delle arti e scienze affini. Roma poi, a cui il papato fece quasi dimenticare d'essere stata la patria comune del comune diritto, sempre

Vecchia, oziosa e lenta

non sembra, non che vergognarsi, accorgersi della sua peccaminosa sterilità. La scarsa o cattiva produzione giuridica trova perfetto riscontro nella critica, se pure meritano questo nome gli scritti a quella attenenti. Date una corsa ai nostri periodici giuridici, esaminate anche quei pochissimi, che vanno per la maggiore, e al vedere come essi trattano certe questioni o certi autori, quando non ricorrano al più comodo e consueto espediente di passarsene del tutto, dovrete al primo sguardo persuadervi, che se io non sono certamente un medico pietoso, non per questo merito d'essere annoverato fra i calunniatori del nostro paese. Non dico, che non vi sia qualche onorevole eccezione, e che qui e qua non si ammiri qualche saggio di critica, degna dell'antica arte italiana, ma..... ma un fiore non fa primavera. E' l'indirizzo generale che ci offende vuoi colla noncuranza delle migliori opere o monografie o peggio col porle in fascio con le più cattive od insulse, vuoi colle lodi così iperboliche e spudorate da disgradarne le ovazioni alle cantanti, ballerine e mime, vuoi col parlarne in termini così generali e stereotipati per quelle e per queste, prese alla rinfusa, da lasciare scorgere anco ai meno veggenti, che chi la fa da giudice non ha avuto nè la voglia nè il tempo di leggerne più avanti del frontespizio e dell'indice, più o meno ragionato. V'hanno poi non pochi scrittori, professori, avvocati e magistrati, i quali han saputo così bene costituirsi in società di mutua ammirazione, da non potersene toccare uno senz'averli contro tutti, come se avessi stuzzicato un vespaio. Consorterie?!.... solite accuse e fisime! Anch'io per molto tempo a simili censure ho risposto con simili esclamazioni; ma alla perfine ho dovuto credere alla mia propria e dura esperienza. De' tanti fatti, che potrei allegare, basti uno recente. Richiesto di qualche articolo critico da un illustre professore di diritto e direttore di un periodico, ebbi la ingenuità di mandargliene uno, in cui vi era una tirata contro certi nostri professori e scrittori, i quali ignari

o dimentichi della scuola italiana, per darsi un'aria di originalità, usano apprestarci certi manicaretti, a cui chi ha buon naso non può perdonare la rifrittura di cose francesi e tedesche! Non l'avessi mai fatto! chè non avrei avuto, come mi toccò, la umiliazione di vedermi respinto quell' incauto scritterello da un suo scolaretto con una lettera povera di sintassi e di buon senso, ma in compenso ricca di burbanza e di ge suitici ripieghi e pretesti! E' proprio di là, ossia da codesti saccentelli e spropositati giornali, che deve venire il rinnovamento della coltura giuridica del nostro paese?! Non vo' tacere per mia giustificazione, che lo stesso articolo trovò la più lieta accoglienza presso un altro assai più pregiato e indipendente periodico legale; e a voi, cortesi lettori, forse non sarà dispiaciuto vederlo sotto altra forma e col titolo G. B. Vico e il suo secolo riprodotto nella mia precedente Rassegna. Chiusa la parentesi del fatto personale, torniamo ai fatti generali; non senza però riserbarci la facoltà di riaprirla più sotto, quando ci cadrà in acconcio di riprovare il modo o prosuntuoso o maligno o leggiero, onde la parte meno eletta del P. M. si arroga il diritto di esercitare non dico la critica (di cui non sanno che il nome) ma la censura od inquisizione domenicana di cose, opinioni ed uomini, troppo superiori ai loro attacchi, per isterica e bolza rettorica imbelli.

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2. Il prof. Guido Padelletti, il cui nome abbiamo altre volte menzionato a cagion d'onore in questa Rivista, è uno di que' pochi valorosi, che fra noi fanno progredire le discipline giuridiche coll'insegnamento e cogli scritti critici, specie con quelli applicati alla storia e alla procedura del gius romano, trattando ardue ed eleganti questioni, già da gran tempo agitate dai romanisti alemanni, e quasi nuove ai nostrani. Facendo il confronto fra i più notevoli lavori che in siffatta materia si vengono pubblicando dai tedeschi e dagl'italiani, ei senza essere avaro di encomi e d'incoraggiamenti per questi, non si ristà pei soliti riguardi umani, o per un malinteso amor patrio dall'additarne i difetti, e dall'attribuire a quelli il primato, mostrandosi per tal guisa verso gli stranieri assai più giusto e generoso, ch'essi non sieno usi mostrarsi con noi. Indi non di rado la sua critica ha sapore ostico ai nostri palati avvezzi e guasti alle sdolcinature. Fuori di metafora, il panegirico ha ammazzato l'articolo critico; onde le lodi, per quanto superlative, se vanno accompagnate a qualche riprensione o rilievo di mende, non giungono più gradite agli autori, troppo teneri de' loro parti intellettuali.

Il Padelletti nell'anno scorso dettò intorno al Trattato storico della procedura romana dell'avv. Giuseppe Gugino, un articolo un po' severo, se volete, ma assennato, dignitoso e largo di sincere lodi per le parti migliori del libro, nelle altre non iscevro certamente da difetti, il giovane critico volle far prova di tutto il suo colto ed arguto ingegno per metterli in mala vita. Forse pei motivi da noi sopra accennati, e più ancora per essere l'articolo inserito in un periodico copioso di scritti di genere laudativo, il Gugino non se ne tenne guari soddisfatto,

e con una lunga lettera a stampa indirizzata al Direttore di quel periodico (che ebbe il torto di non inserirla) fece la critica alla critica del Padelletti, non menandogli buona nessuna delle recate ragioni ed avvertenze. Non ispetta a me il decidere tanta lite: ma mi sia solo consentito il dichiarare, che favorevole all'opera del Gugino si fu la impressione che io ricevei dalla lettura dell'articolo del Padelletti, com'ebbi a dichiarare in una precedente rassegna e prima che conoscessi la risposta dell'autore, che a torto se ne chiama scontento. Dico a torto, perchè ammesso pure che ne' suoi giudicii il Padelletti non abbia sempre colto nel segno, ed abbia esagerato qualche difetto, ogni autore, massime se ancora giovane e non famoso, dovrebbe sempre tenersi onorato di una critica, la cui serietà rivelandosi da ogni detto fa onore non meno all'opera diligentemente esaminata, che al nostro paese, in cui sì belli ed utili studii tornano a fiorire. Continui l'egregio avvocato siciliano ne' suoi pregevoli lavori e l'illustre professore romano ne' suoi notevolissimi saggi critici; e poichè i nostri molli costumi vogliono essere ritemprati colla severità, dica pure e sempre tutto il vero a viso aperto, e se

A molti fia savor di forte agrume,

è questa la medicina, che bisogna a guarirci dalla pestifera adulazione, la quale colle sue spire di serpe ancora ci tiene avvinti alla coda del mostro, che si addimanda servaggio.

3. L'annunciata opera del prof. F. Carrara sarà certamente annoverata fra le rarità bibliografiche, atteso ch'egli ha avuto il torto, grandissimo agli occhi miei, di farne un' edizione di soli XXV esemplari, che non sono in commercio. Dio gliel perdoni!, ma un esempio sì nuovo e stupendo di critica splendidissima per acume, sapere e coraggio meritava la maggior diffusione. Vero è che in gran parte era stata pubblicata nell'ottimo Giornale delle leggi di Genova. Che il libro sia dedicato all'illustre Baldassarre Paoli e offerto ai pochi eletti giureconsulti, pari suoi, sta tutto bene; ma la mia povera e oscura persona fra cotanto senno ci sta proprio a pigione. Se la benevolenza del sommo pubblicista ha voluto farmi troppa grazia, sappia ognuno, che

Me degno a ciò nè io nè altri crede.

Ben vi siete apposto, o venerando vecchio, prevedendo la guerra sleale, insensata e fanatica che vi sarebbe stata mossa da certe persone e da certi luoghi. Se lo sa l'altro insigne pubblicista Borgatti, e qualcosa, nel mio piccolo, ne dovrei sapere anch'io, che non ha guari mi vidi fatto segno agli attacchi e alle maligne insinuazioni di un miserabile, che pretese erigersi a vendicatore della dignità dell'Ordine e delle provincie native (non punto nè l'uno nè l'altre bisognose di difesa e molto meno di tal difensore), malgrado che non avesse sentito quanta

viltà vi possa essere in un pubblico funzionario, che per tanti mesi percepisce l'intero stipendio senza far proprio nulla! E chi può non vedere quanta sconvenienza vi sia nell'abusare della veste e bigoncia officiali per inveire contro opinioni od azioni di assenti o presenti, a cui è tolta ogni risposta, ogni difesa? Sotto questo rispetto gli oratori del P. M. trovano perfetto riscontro negli oratori della chiesa cattolica. E si è tentati a dire che solo per antifrasi gli uni si chiamino gli oratori della legge umana, gli altri della divina, laddove nelle loro arringhe troppo spesso se ne servono a sfogo di malvagie passioni e a strumento di vendette. Quindi sempre più mi persuado della necessità di ridurre i discorsi d'inaugurazione delle Corti giudiciarie (chè ne' tribunali non hanno alcuna ragione di essere), a un lavoro di statistica secondo il suo scientifico e più alto concetto, quando non si voglia abolirli a dirittura, ciò che sarebbe meglio. A questa ultima conclusione sembrava accennasse il Carrara nella parte critica del suo libro là dove colla sua stringente dialettica, colla finezza insuperabile della sua analisi, colla vasta e sempre eletta erudizione, colla parola infiammata dall'amore della giustizia amore operoso di tutta la sua vita intemerata mostrava nella loro oscena nudità i discorsi d'apertura danti occasione ad uomini inetti di farsi compatire e deridere; ad uomini feroci di farsi odiare; ad uomini orgogliosi e virulenti di gettare qualche pomo di discordia fra l'ufficio e la magistratura e la curia. Ciò non pertanto avendo egli nel proseguimento dell'esame di altri discorsi (chè viva Dio! ve ne sono di buoni e di ottimi, come appare anche dalle mie rassegne) avendo egli sentito, che in essi può ravvisarsi un'occasione di polemiche, un impulso a ravvivare i progressi legislativi, specie nel giure penale, sentenziò essere il miglior partito che il metodo delle orazioni inaugurali, scambio di essere abolito o modificato, rimanesse tal quale, nella speranza che alla somma de' mali prevalga la somma de' beni, che pure dovrà portare per la natura e necessità delle cose. Suppergiù è un rimedio contenuto in quel detto scritturale: Oportet ut veniant scandala, che elevato a massima tornerebbe assai funesto all'economia della vita sociale, al pari d'ogni rimedio eroico abusato. Io sono e sarò sempre pel sistema preventivo sì d'ogni reato come d'ogni scandalo e d'ogni disordine, soprattutto se il cattivo esempio in quanto viene dall'alto in basso si rende tanto più contagioso. Nè mi muovono i compensi additati dal professore pisano, imperocchè è agevole lo scorgere che simili compensi e anco maggiori si ponno ottenere con un sistema più sicuro e più consono agli odierni civili reggimenti e costumi, il quale valga meglio a promuovere la retta amministrazione della giustizia e a tutelare la dignità e indipendenza della magistratura. Il P. M., ripeto, è in gran decadenza, e chi non la vuol vedere, tal sia di lui: si è voluto che i Capi fossero più amministratori che giureconsulti, e non pochi alla prova si son chiariti inetti sotto l'uno e l'altro aspetto, ma in via di compensazione sonosi mostrati i più insolenti neʼloro discorsi. Intanto ora

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