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solo all'Andreina; ma si rifece scrivendo e facendole avere i suoi biglietti per un servo, del quale comprò la fede. Nel primo le dicea si recasse nel giardino a certa ora di notte, poichè volea dirle cosa di somma importanza. Ella non rispose in iscritto e non vi andò, e il Conte, arrabbiando, attese fino alle due del mattino. Nel secondo la rimproverava di questo, e in parole, se non aperte, almeno da essere agevolmente interpretate, le dava a capire l'amor suo: nè pure questa volta la fanciulla rispose. Il terzo biglietto fu addirittura una dichiarazione d'amore, e commise al servo dirle che s'ella serbava il silenzio, ei sarebbe venuto nelle sue stanze in persona.

Dall'altro canto Ernesto ed Elisa non perdevano il tempo. Questi le avea reso visita, e l'avea più volte riveduta in casa Trisulti, dov'ella si conduceva talvolta a desinare e tal altra a conversazione, poichè dimorava presso una sorella della Contessa, non essendo a questa paruto conveniente i due promessi sposi abitassero a lungo prima delle nozze sotto il medesimo tetto. Il galante Albicini avea con rispetto e con destrezza grande corteggiato non so ben dire se la nobile damigella o la dote. La Elisa poi con finissimo accorgimento, nulla promettendo, non mai passando la misura del decoro e della riserva debita in fanciulla, non mai facendo traboccar troppo la bilancia, avea pure in quel modo che le donne conoscono così bene, alimentato il desiderio di lui e la confidenza che nelle proprie armi ei riponeva. Al che era sospinta massimamente dalla brama di scoprir qualche cosa intorno all'Andreina, ragazza misteriosa, troppo bella, troppo bene educata, che troppe cose conosceva e sapea fare; onde non la si petea credere tirata su insino da bambina nella sua condizione presente. E come adoperarsi in ciò se non giovandosi dell'aiuto e dell'opera del signor Albicini? Spirito mobile, testa leggera, per istraordinaria guisa acconcio a darsi le mani attorno, a intromettersi, a sommuovere, a sbucare, a tirar fuori i secreti non meno per nativa curiosità che per gusto di propalarli. Ed egli ci si era messo con le mani e co' piedi, tanto che sapendo come Elisa il mercoledì stesse per ordinario in casa della Contessa, le avea dato ivi la posta, dicendole che sul conto dell'Andreina le avrebbe recato senza fallo quante notizie bastassero a decifrare quel vivo e grazioso enigma.

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VII.

Il giorno assegnato adunque egli giunse in casa Trisulti, per non fallire all'accordo, un poco prima che il desinare fosse al termine, ed avendo comandato al servo di non disturbare i padroni, passeggiava nella sala grande, rivolgendosi in mente presso a poco tali pensieri: Sono un grand'uomo io! Questo non si può negare. Eccomi quì, si approssima l'ora della catastrofe. Corpo di Satanasso: Che cammino ho fatto in quindici giorni! Elisa non è in Roma se non da due settimane, e mi son già pressochè dichiarato, e sto sul punto di ricevere una risposta. Questo si chiama volare più di un aeronauta. Che testa è la mia! Che testa sublime ! Oh, se io avessi corso la carriera politica! Lord Gladstone al mio paragone sarebbe sembrato un fattorino di bottega. A pensare che in una volta io accomodo i negozi miei e quelli di Alberto, innamoro Elisa e scopro Andreina, mando a vuoto un matrimonio, ne fabbrico due altri! Ma se poi Elisa fosse una civettuola? Capisco benissimo che i miei pregi non sono pochi, ma dall' altro canto essere fidanzata di Alberto e non respingere del tutto le mie premure... Che c'entri anche un po' di gelosia? Ma se ama Alberto non è innamorata di me, e s'è innamorata di me non ama Alberto. No, no: è solo il dispetto di vedere che l'Andreina può sostenere il suo confronto. Per verità, da sì ch' io l' ho conosciuta, non mi fa più maraviglia la passione del mio dotto amico. E se non fosse ch'io ho la testa salda, forse amerei Andreina e non Elisa, o almeno Elisa e Andreina tutt'insieme. Cotesta ricamatrice ha non so che poetico, aereo, che rapisce, che ammalia !

Queste meditazioni furono distornate dal giungere del conte Trisulti e di Elisa, che si appoggiava al suo braccio. Salutarono Ernesto e cominciarono que' soliti discorsi del tempo, del teatro, delle ultime notizie, quando Elisa disse al suo fidanzato:

Ho dimenticato il ventaglio non so dove: credo nell' altra stanza...

-

Vado subito a cercarlo rispose quegli che volentieri si allontanava dalla cugina, molto impaziente di sciogliere il freno al cattivo umore del quale era in preda. E se mi chiedete il per

chè di codesto umor nero, vi dirò che stringeva dentro il pugno della sinistra un bigliettino scrittogli dalla povera cucitrice.

Come Alberto si fu dilungato, Ernesto ed Elisa l'uno all' altra

si approssimarono con grande premura, e questa, parlando a bassa dimandò :

voce,

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Avete saputo ? avete scoperto? avete operato?

Più di un telaio a vapore così Ernesto.

Dunque...

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Dunque... non so ancora nulla.

Oh, bravo!

Ma saprò tutto.

Quando? Il giorno del giudizio finale ?

- Prima, assai prima, tra poche ore, forse tra pochi minuti. - Spiegatevi insomma.

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Prima, assai prima: non appena avrete saputo e mi avrete riferito ogni cosa.

-Benissimo. Ne fo capitale. Intanto vi dirò che per tre giorni interi non ho lasciato un solo minuto di tentare ogni via per iscoprire il mistero.

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Ma non siete per anco riuscito a nulla!

Abbiate la cosa per fatta. Questa mattina, destandomi, mi è caduta nella mente una idea luminosa, una ispirazione. Sono andato all' uffizio della Statistica, dove conosco persone di alto affare. All'uffizio della Statistica capite ?

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- Diavolo la cosa è chiara. La Statistica governativa è la più bella invenzione del nostro secolo. A petto a quella il telegrafo sottomarino è una miseria. Si sanno i fatti di tutti e di ciascuno. Si sa chi nasce e chi muore; chi parte e chi viene. Si sa quel che uno era, quel che uno è e quel che uno sarà. Si sa il nome delle persone, l'età, il mestiere, la condizione. Si sa quanti danari uno ha in tasca, quel che mangia, come si veste, dove dorme e dove passa il suo tempo; tutto, dall'alfa all'omega. - E i vostri amici si sono ripromessi...

C'è a dirlo? Ho messo tutto sossopra, ho fatto cercare in venti scaffali, ho dato cento indizi.

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-Non si è trovato ancora, ma si sta cercando, e ci metto la testa che si troverà. Allora poi ricordatevi...

Parliamo d'altro; sento mia zia.

La zia non si sentiva nè punto nè poco; ma la nipote le parlò ad alta voce, rispondendole come se fosse stata chiamata, e la Contessa, che dava a un servo l'ordine di portare il caffè in giardino, venne a lei. Poco stante ritornò anche Alberto recando il ventaglio, e riassumendo la maschera che c'impongono gli usi del viver sociale quando siamo travagliati da angustie che non possiamo o non vogliam dire a tutti.

Salutato il signor Albicini, la Trisulti si fece da lui offerire il braccio, invitandolo a prendere insieme con loro una tazza di caffè in giardino.

(Continua)

P. E. CASTAGNOLA.

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